Dipendenze

Addiction è il termine più in voga attualmente per definire le dipendenze.

Etimologicamente, deriva dal latino, da “addictus”, termine che definiva colui che era divenuto schiavo a causa dei suoi debiti. L’ “addictus” era il debitore che, a causa della sua insolvenza, aveva il triste destino di ritrovarsi in balia della volontà del proprio creditore.  Il termine addiction ha dunque il senso di essere in uno “stato di schiavitù”, uno stato in cui il soggetto è tenuto da ciò da cui dipende.  Un oggetto di soddisfacimento  (che sia il cibo, il sesso, il gioco, il computer,  la sostanza stupefacente ecc) può rendere schiavo un soggetto, farlo cadere in balia di se stesso, superando di gran lunga la sua funzione di appagamento, per estendersi, diremmo con Freud, “al di là del principio di piacere”. Ciò che può dar piacere diventa un inferno dal quale non si può uscire.

La questione va estesa anche al disagio della civiltà attuale. Il passaggio da un gadget all’altro, senza soluzione di continuità, mantiene di fatto il soggetto in una sorta di iperconnessione con l’oggetto, alimentando l’illusione che sia possibile evitare l’incontro con la mancanza, con l’insoddisfazione e, in ultima istanza, col desiderio. L’addicted evtia accuratamente il legame con l’altro, non vuole saperne delle sue domande, delle sue richieste, dei suoi desideri. La forma riflessiva dell’enunciato tossicomanico “io mi faccio” con cui il tossicomane si presenta, è emblematica di questo disperato tentativo di evitare la propria divisione, dunque evitare il proprio desiderio, “si fa da sé” senza passare per l’Altro, attraverso l’incorporazione dell’oggetto droga.

 

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